Fred faceva le cose con
calma e puntualità. Una notevole differenza rispetto al suo amico
Amin, che amava fare le cose con troppa, troppa calma. Arrivare
puntuali è maleducazione, si giustificava lui. Ciononostante Fred
continuava a presentarsi in orario agli appuntamenti con il suo
amico. A dire il vero, non riusciva mai a ricordare, o forse a capire
quale fosse l'orario dell'appuntamento; in serata, ci si diceva, in
serata, che non erano le nove, che non erano le otto.
Fred si muoveva con calma
e puntualità, anche perché non voleva arrivare dopo che il cibo
fosse finito. Partiva con una certa previdenza e caricava il cofano
di sacchi a pelo, due in genere, sapendo che l'alcol sarebbe finito e
che non avrebbe guidato ubriaco. Fred amava le attese, perché gli
permettevano di osservare il mondo, diceva, e conoscere gente nuova,
unirsi al loro tavolo, fare due chiacchiere. Fred è un chiacchierone
buongustaio e raffinato, dalla bocca piena di parole e di cibo,
alternativamente.
Da quando viveva fuori
non ne aveva più mangiati, di spezzatini di fegato. Esaminava la
consistenza dei piselli verde scuro, dalla scorza integra e la polpa
tenera, quella della cipolla, molle sulla lingua e dal gusto
delicato. Mai riuscito a cuocerla così, sarà una cosa da donne.
Di fegato, nella zuppa,
ce n'era poco. Si dice che anche dalle sue parti i palati siano
diventati ormai più delicati e tollerino poco i sapori forti e
pastosi delle interiora. A questa ragione Fred imputava la rarità
del fegato nella brodaglia, scartato a favore del più accettato
trancio di vitello. Ma sulla qualità del piatto nessuno manifestava
dissensi. Anzi, Fred poteva ascoltare, seduto nell'atteggiamento di
chi è arrivato troppo presto e cerca compagnia, il segretario,
faccia conosciuta, vantarsi dell'ottima gastronomia che il partito
era pur sempre in grado di offrire, anche in tempi così duri, ai
suoi iscritti, simpatizzanti e votanti (dietro modico corrispettivo).
Come lo fa Gina, lo
spezzatino, non ce l'ha mai fatto nessun'altra. E tutti si bevevano
un bicchiere di vino rosso, riempito dal marito di Gina, alla salute
della santa donna, che aveva sopportato tre parti, la disgraziata
morte del primogenito, le invidie della cognata e che sopportava
tuttora suo marito, i suoi bicchieri e l'odore della friggitrice che
gestivano affianco i più giovani iscritti, esagerando con il sale
per assetare i comuni elettori. Non aspettava altro, Fred, che la
Gina si manifestasse al terzo brindisi in suo onore con un bicchiere
riempito a metà, per carità, non di più, per farle i complimenti,
che buono, che buono lo spezzatino.
Mangiava lentamente,
Fred. Bagnava il pane nel sugo, poi imboccava una forchettata,
masticava. Almeno fino all'arrivo di Amin, aveva bisogno di un buon
motivo per starsene seduto lì, a quel tavolo, e stare a sentire i
discorsi delle principali personalità della struttura provinciale
del partito.
Mentre addentava il
vitello placidamente, un doncamillo ritenne opportuno di lanciare
all'aria una bella scampanata per segnalare la messa delle dieci di
sera per la Madonna del Carmine. I rintocchi si accavallarono ai
tamburi suonati dal gruppo di musica popolare apprezzato ogni anno da
dieci anni dai nipoti insipidi e sciupati dei pepponi d'antan; si
confusero con le scampanellate delle vacche della non lontana stalla,
da cui il vento portava a tratti anche i muggiti e zaffate di letame;
e offrirono al segretario il pretesto per rimarcare come una volta,
quando si era ancora un po' cristiani a questo mondo, le feste
dell'Unità non si sovrapponessero con quella del Carmine. Una volta
la festa dell'Unità la si faceva ad agosto, quando c'erano pure i
tedeschi che tornavano e facevano qualche cliente in più.
Niente più era come
prima, neanche il sapore dei vitelli, ciò che non poteva comunque
nuocere alla riuscita dello spezzatino di Gina. Le carni erano
diventate più grasse, le pance dei politici pure e ai sindacalisti
spettavano gli avanzi. Il Presidente, quanto a lui, era la rovina del
paese, che l'aveva spezzato in due e se non ce ne si liberava, non si
sa dove andare a parare.
A Fred pareva che non si
parlasse che di lui, del Presidente, dell'Ipernominato e
Cavallerizzato Presidente, più volte imputato nel corso della serata
per i mali del paese e per quelli dei suoi detrattori, si
difenderebbe il Presidente. Il Cavallerizzo e Irrispettabile
Presidente era l'Onnipresente argomento e soggetto della serata
dell'Unità, una delle ultime nella storia di questo paese, più
presente delle campane, del letame e perfino dello spezzatino di
Gina.
Lo Stranominato e
Straviziato Presidente, Cavaliere delle sue Puttane, era la causa del
disfacimento morale del paese, che nonostante tutto, nonostante gli
altri Presidenti, aveva sempre mantenuto, nelle Aule, una certa
decenza e moralità.
Il vecchio professore,
che Fred conosceva dai tempi del liceo, portava gli stessi baffi di
quando redasse lo statuto della sezione cittadina del PCI, qualche
anno, qualche decennio prima. Imbiancato con l'età, il pelame
sovralabiale conservava bene i segni colorati della salsa dello
spezzatino, liberandosene goccia per goccia quando la testa del
vecchio professore in pensione decideva di parlare e predicare contro
la penosa condotta del Presidente.
Leggi la seconda parte qui.
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