venerdì 26 agosto 2011

seconda traversa a destra citofono pacciani

-->
Il tipo in ascensore non diceva una parola. Io avevo provato a scambiare due parole con lui, sul tempo, sulla casa, sulla questione degli alloggi. Sì, be', è una fortuna che ci sia questo sole questa settimana; cercare casa col cattivo tempo sarebbe stato sicuramente più spiacevole, avevo detto entrando in ascensore, dietro di lui. Finita la frase, lui era già arrivato in fondo all'ascensore, davanti allo specchio, e si era girato verso di me che allora varcavo la soglia. Allungata la mano sul pulsante numero 7 (per qualche misteriosa fatalità era da cinque anni che, pur cambiando casa ogni anno, finivo sempre al settimo piano), mi guarda con aria disinteressata e commiserevole, come lo strozzino annoiato dal debitore che implora. E non risponde. Neanche un “mhmm”, “eh già” o che so io. Fisso la tastiera dell'ascensore durante i primi quattro piani, ascolto il rumore delle corde. Mi torna in mente l'idea delle corde che si rompono e si sfilacciano, lasciando precipitare l'ascensore nella sua tromba. Ma, neanche sorpassato del tutto il quarto piano, l'imbarazzo del silenzio di quell'ascensore mi distoglie da quell'inutile fantasia. E provo a chiedere se è bene ammobiliata, la casa? Adesso la vedrai mi fa l'antipatico, con le mani in tasca, la schiena appiccicata allo specchio e gli occhi socchiusi, con le palpebre che fissano lo sguardo verso il basso e il mento un po' alzato: presunzione e altezzosità. Abbasso la testa e guardo le mie scarpe. Arriviamo al piano, non ho il tempo di inciampare uscendo dall'ascensore che il tipo mi dice: attento allo scalino, st'ascensore non si ferma mai sul piano, sempre un po' più giù. Sul pianerottolo giro un momento in tondo fingendo spaesamento per dargli il tempo di passarmi avanti e aprire uno dei quattro portoni. Apre.
In tutte le case che ho visto questo mese mi è sembrato di respirare sempre la stessa aria. Nel senso più proprio di aria: mi sembra di aver respirato più e più volte, in ogni casa che visitavo, proprio le stesse molecole delle altre case, senza che fossero cambiate e senza che neanche si trovassero lì in base ad un ciclo fotosintetico o idrico o atmosferico. Molecole di una strana aria fusa di anidride carbonica e polvere – che non si può dire che ci sia dell'ossigeno – pesanti, che sembrano vivere come funghi parassiti, una vera e propria muffa invisibile che riempie gli spazi vuoti e nulli delle stanze. Un'aria scura, sporca, densa, che è macchiata, come la moquette di un albergo dietro la stazione, un'aria sporca del tabacco e dell'haschisch, dell'alcol dei vecchi inquilini; sporca, nelle stanze, del loro sperma, delle loro scoregge, delle loro putride abitudini. Due stanze là a destra e a sinistra, il bagno sta in fondo, questa è la cucina, qua c'hai uno sgabbuzzino. Fatti un giro, io mi siedo in cucina e poi parliamo. Cammino, ma non sono concentrato sulla casa. Penso a lui seduto in cucina che mi aspetta per dirmi il prezzo, le spese condominiali, la caparra. Il pensiero di lui nell'altra stanza e qualche rumore di sedia che rimbomba dalla cucina mi mette fretta e non mi rendo conto della grandezza degli spazi, della qualità del mobilio, delle condizioni delle pareti. Da quel breve giro ricevo solo un'impressione di generica fatiscenza e angustia. E questa è la cucina, faccio io, come per introdurmi in una conversazione che quello stava portando avanti con il foglio in cui scriveva dei conti. Allora, novecento euro tutto l'appartamento, poi il condominio so' altri centocinquanta ogni tre mesi, acqua e monnezza arrivano sempre a settembre, quando se ne so' già andati, quindi me li paghi adesso, subito, e stiamo a posto, poi le bollette, qua non si spende tanto, ciò pure cambiato la caldaia un po' di tempo fa e questa consuma poco, pure il frigo è abbastanza nuovo, insomma sulle bollette degli anni scorsi veniva tipo cinquanta euro al mese, poi dipende da te, è chiaro se sei bravo a risparmiare... Il riscaldamento? Condominiale, da novembre ad aprile centocinquanta a trimestre, a parte il condominio insomma; so' tre mesi di caparra. Ma con contratto? Mmm, che te serve il contratto a te? Be', lo si può fare nel caso? Macché ci fai col contratto, lascia pèrde' che so solo spese, marche da bollo, dovresti andà' pure all'agenzia dell'entrate, e la questura poi, te lo sconsiglio. E mi dà il foglio coi conti, che pareva che le spese, invece che sommarsi, si sottraevano. Mi dice pure che tre ragazzi erano venuti la mattina a vedere la casa ed erano seriamente intenzionati a prenderla in affitto. Mo, stasera quelli mi chiamano, che gli è piaciuta la casa e qua stanno comodi, c'è tram, c'è autobus, è una bella zona, stai vicino a tutto, ciài tutto sotto casa e manco è costoso come quartiere; uno deve vedere pure il risparmio sul costo della vita, quando vai a comprà il pane tutti i giorno, se te vòi pijà un caffè al baretto sotto casa, e così via.
Mi sentivo nauseato dall'atteggiamento saccente del tipo e dall'odore di calcare che esalava del lavandino. Sentii la polvere muoversi sotto le suole delle scarpe e andai via. Mi lasci il suo numero, ci penso, semmai la chiamo in serata.

sabato 20 agosto 2011

I love musicassetta.

-->
Sono sempre arrivato sulle innovazioni tecnologiche con il ritardo di circa mezza generazione. Nel senso che porto il ritardo cognitivo su ogni nuova possibilità offerta da internet, media, e robe varie riscontrabile generalmente nei soggetti nati alla metà degli anni Settanta, una dozzina d'anni prima di me. Quindi possiamo dire, tanto per fornire qualche dato percentuale, che delle 100 innovazioni annuali – mettiamo – che offre il nostro tempo, se i miei coetanei mediamente ne conoscono e usano all'incirca il 25%, io mi limito ad uno stentato 7-8%. E se la novità li raggiunge nel giro di pochi mesi, per me ci vuole un annetto buono, nel migliore dei casi.

Le ragioni sono svariate. La prima, io la definirei di economia conoscitiva. Perché impegnarmi a conoscere, mettiamo, MySpace se molto probabilmente il successo di questo sarà limitato e sarà sostituito totalmente dai social network come Facebook? Perché imparare ad usare il videofonino se non mi videochiamerà mai nessuno, mentre arriverà l'i-Phone a rivoluzionare totalmente la nostra maniera di utilizzare i telefoni cellulari? Insomma, diciamo che lascio sperimentare le novità a terzi, aspetto che esse si affermino, dilaghino, diventino indispensabili alla nostra vita quotidiana e poi, piano piano, senza darmi troppo daffare, mi accodo alla massa. Non sono un pioniere.
E non lo sono anche per la seconda ragione della mia lentezza, e cioè l'avarizia. Sì, perché l'essere pioniere, in campo tecnologico e mediatico spesso implica anche una certa spesa. Pur ammettendo che l'i-Phone mi venga regalato da un cugino (ciò che è comunque impossibile visto che la mia avarizia mi ha escluso da tutti i circoli di regali di parenti, amici e conoscenti), ci sarà comunque un accessorio da comprare, sostituire, connettere, o che so io. Mi sembra più utile tagliare il problema alla radice e seguire il teorema economico da me formulato che soggiace alla mia sterile e grama vita: la crescita del desiderio di possesso è sempre esponenziale e, con essa, la spesa. Quindi: non iniziare mai a comprare. Roba da far stirare definitivamente le borse europee.

Poi ci sarebbero ancora altre ragioni che motivano la mia inabilità e la mia ignoranza in questo campo. Ma per ora mi interessa piuttosto individuare alcune conseguenze. Una di queste, la più evidente se venite a trovarmi dove mi trovo ora, consiste nel fatto che nello stereo dell'automobile di famiglia che utilizzo quando “torno al paese” c'è, da circa diciotto mesi, lo stesso CD-ROM e solo quello. E diciamo francamente che ho anche una certa fortuna, perché il disco che gira è bello, s'intitola Transformer ed è di un certo Lou Reed, che a me piace tanto e non mi stanca mai. Anche se non capisco le canzoni, comincio addirittura a cantare con la radio quando sono in macchina. E ogni tanto ho pure l'impressione di azzeccarci qualche parola inglese. Quel che mi impedisce di cambiare disco è che: uno, non ho molti CD con musica migliore e, quei pochi che ho, dovrei cercarli; due, non ho voglia di fare nuovi CD con musica migliore, perché non ho CD vergini e dovrei mettermi a masterizzare e mi ci vorrebbe un pomeriggio intero, ammesso che io sia in grado di selezionare musica migliore; tre, non ho i soldi per comprare uno stereo con l'ingresso USB.

Però l'altro giorno ho viaggiato in macchina di un amico che mi ha veramente stupito. Aveva una macchina nuova, cioè recente almeno quanto gli stereo con CD, e aveva montata una vecchia autoradio per musicassette e nel portabagagli aveva un cofanetto pieno pieno di cassette.
Mentre scrivo, nella stanza affianco, che è la cucina, sta bollendo qualcosa nella pentola a pressione, che quindi fischietta tutto il tempo. Sapete il rumore della pentola a pressione che fischietta, no? Fffff. È lo stesso rumore che faceva da sottofondo a quei dischi. C'erano i Pearl Jam, i Police, c'era Ben Harper, tutti quanti con un ffffff di sottofondo nientemale. Dovrebbero ricominciare a farli così i dischi, un po' sporchi, più vintage.