venerdì 30 dicembre 2011

Trash Christ's Birthday: arte contemporanea a Campobasso

Nel centro della fontana di piazza Municipio a Campobasso ogni anno la giunta comunale installa un presepe. Quest'anno la tradizione ha lasciato posto ad un opera d'arte contemporanea. Quattro foto dell'opera:

Veduta d'insieme


La capanna

 
Dettaglio della testa dell'Angelo del Signore

Prospettiva diagonale della capanna

Il presepe è accompagnato da una didascalia, che presento nella prossima foto e che ho trascritto subito dopo. Prima però tre note: 
1) Iconografia: la capanna è sostituita da un arco in ferro rappresentante il simbolo dell'euro; nella zona posteriore ci sono tre colonne doriche che non sostengono nulla dipinte una di verde, una di bianco, l'altra di rosso: sono le colonne portanti della Patria; l'Angelo del Signore, un pezzo di ferro a forma di aquilone con una testa che ricorda la moneta da due euro, sovrasta e salverà l'euro.
2) Né il presepe né la didascalia con gli auguri di Natale sono firmati: non si sa chi ha realizzato l'opera, chi l'ha pensata, chi ci augura «un futuro più roseo».
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3) La didascalia che segue è stata copiata integralmente. L'uso dei puntini di sospensione e delle maiuscole è degli autori. Tutto ciò è stato realizzato senza nessun intento satirico né parodico.

La didascalia che accompagna l'opera

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«COMUNE DI CAMPOBASSO

Natale 2011 - Presepe in Piazza.

Ricorre il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, eppure dai nostri cuori traspare un velato senso di tristezza... . .

La contingente situazione economica e l'incertezza delle sorti dell'euro determinano un comune senso di malessere ed una percettibile rinuncia al festeggiamento in quanto tale......

Il futuro pare quanto mai incerto e l'impossibilità di pensare positivamente all'avvenire delle nuove generazioni ci rende impotenti e mortificati..... .

Ma ecco che, in questo scuro contesto, la luce indotta dalla ricorrenza della natività del Bambin Gesù riaccende le speranze.........

Con la forza e la convinzione della nostra Fede, l'Angelo del Signore riporta in alto le sorti del nostro futuro... . .

Ancora erette si scorgono le colonne portanti della nostra Storia, quella di una Patria ricca di vissuto, determinato da uomini pronti ad affrontare qualsiasi sfida nell'intento di risolvere le problematiche che interferiscono con le sorti comuni, confortati ed accomunati da una Fede unica e sempre eterna......

Auguri di Buon Natale a tutto il popolo italiano ed in particolare a tutti i cittadini campobassani affinché ritrovino, uniti nella Fede che questa Sacra ricorrenza infonde nei cuori, la determinazione e la forza per credere nel rilancio del presente, nell'ottica di un futuro più roseo.»

La compilazione della didascalia

Grazie a Daniele che mi ha mostrato l'opera. 













venerdì 16 dicembre 2011

Tutte le volte che i miei stati facebook erano falsi

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Questo post inizia al paragrafo cinque.

Se non fossi nato ad agosto, non mi sarebbe mai venuta in mente questa burloneria. L'abitudine a passare i miei compleanni in una condizione di quasi dimenticanza, causa vacanze estive, viaggi, assenze ingiustificate, mi ha costretto, col passare degli anni, a svalutare il senso della data. Il compleanno. Niente di meglio da festeggiare: prima di tutto perché sei ancora vivo, nonostante l'ultimo anno; secondo poi perché festeggiandolo ricevi dei regali; terzo, in quel giorno sei tu al centro dell'attenzione, al centro delle foto con la torta, al centro del brindisi, al centro. Piaceri che a me non sono concessi. A parte il primo, evidentemente, che senza di quello non scriverei. I regali non li ricevo neanche più dai pochi che me li facevano perché, stanco di fare durante l'anno molti più regali di quanti ne ricevessi, io per primo ho smesso di fare regali: sono fuori da tutti i giri di scambi di regali per la mia avarizia: lo ammetto e lo rivendico. Ma persino il piacere egocentrico mi è stato negato: perché capita che si era in così pochi a festeggiare che alla fine con altre due o tre persone nate lo stesso giorno ci si univa e si faceva un'unica decente festa. In cui almeno la metà della gente non ti conosceva o comunque non era lì per te. Diciamo che, uomo di poche aspettative, quel primo piacere, l'essere ancora vivo, me lo faccio bastare e avanzare.

Ma non è questo il punto. Non è un post sulla tristezza del giorno del mio compleanno (l'ultimo l'ho passato a guardare Apocalypse Now). Quello era solo uno sfogo, una lacrima che è uscita mentre cominciavo a raccontarvi di una burloneria che ho fatto diverse volte.

C'era una volta sor facebook che quando ti ci iscrivevi ti chiedeva tutti li cazzi tua. E tu, glieli davi, senza problemi, che non ci stavi manco tanto a pensà. Poi per un giorno, che ti gira un po' più di là che di qua, ti dici che qualcosa gli si può, e deve, nascondere – se fosse possibile! Ma non è neanche questo il punto.
Il punto è che vedendo tutta quella gente che si faceva tanti auguri su facebook, e rosicando perché io al mio compleanno nessuno ci pensa, io mi sono detto: ma perché non fargli sto scherzetto di mettermi una data diversa? Allora, siccome sono un uomo di poche aspettative, ho modificato le informazioni del mio profilo e sono nato lo stesso giorno di cristonostrosignore. Tanti tanti auguri da parte di tanti. Poi, non contento e decidendo che cristonostrosignore è una comparazione di cui la mia persona non è degna, decisi di nascere qualche giorno dopo, alla befana. Ancora tanti tanti altri auguri e pure gente che me li aveva già fatti due settimane prima. Che burlone!

Ma il punto non è nemmeno questo... qual era? Ah sì! Ecco: è che poi mi è venuto di fare un altro scherzetto ai miei amici, che ai tempi si faceva tutti a gara a chi scriveva lo stato più bello e faceva più ilike. E allora mi son messo a scrivere di tanto in tanto delle citazioni, tutte false, alcune belle, altre non riuscite, qualcuna scherzosa. In tanti, forse anche tu che leggi, ci sono cascati e gli son piaciute.

E adesso, se siete riusciti a leggere questo post così mal scritto, godetevi questa sfilza di insulsi aforismi:

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La saggezza è Ironia, la consapevolezza dello scarto che esiste tra quel che è e quel che dovrebbe essere.” L. Pirandello
L'alcol provoca insonnia.” U. Veronesi

Che il sonno si collochi ai confini della vita lo dimostrano le posture che i più assumono tra le lenzuola: una è quella dei morti nel feretro; l'altra, quella dei non ancora nati.” Edgar Allan Poe

Per ogni buon maestro il problema è insegnare ai buoni a difendersi dai cattivi, pur sapendo che dote necessaria per difendersi dai cattivi è la cattiveria stessa.” Marco Fabio Quintiliano

Non esiste alcun giornalista in grado di dire cose vere. Tutt'al più possiamo riuscire ad essere degli ottimi inventori di notizie reali.” I. Montanelli

Non ho mai amato gli psicofarmaci. Due o tre bicchieri di buon vino rosso, produzione propria, prima di andare a letto: così ho curato la mia insonnia.” Albano Carrisi

Era come Sisifo. Ogni giorno riordinava a fatica lo spirito, la casa, la sua vita. Ma il crepuscolo irrompeva puntuale e quel masso di saggia moderazione scivolava di nuovo giù, nello scuro precipizio della notte.” O. Wilde

Ammettiamo il caso che i revisionisti abbiano storicamente ragione e ci accorgiamo, d'un colpo, del nostro errore. [...] La società dovrebbe comunque continuare a reprimerli, poiché la nuova Europa non può negare la narrazione tragica da cui sorge. La shoah è, in un certo senso, il nostro mito fondativo.” C. Lévi-Strauss

Certo, il femminismo, l'emancipazione e la parità dei sessi. Ma adesso mia moglie cucina solo quattro salti in padella findus e mi obbliga a lavare i piatti. E se azzardo il confronto con mia madre, non entro in camera da letto per almeno tre giorni.” Pino Daniele

Si riconosce il generoso non da quanto offre, ma da come riceve: senza ipocrisie e convenevoli, non bada al prezzo di quel che prende.” Montaigne

L'uomo moderno è un amalgama di contraddizioni. Dice con convinzione e sincerità l'esatto contrario di quello che, altrettanto convintamente e sinceramente, fa ed opera ogni giorno. È un esuberante e un perverso, ma a suo modo anche santo e contemplativo.” I. Calvino

Tra due culture e tra due epoche, persero la fede e gli antichi valori. Poi reinventarono la loro ritualità, collettiva e personale. Sorse un nuovo Racconto, di cui il Bosforo, col suo eterno essere crisi e legame tra due mondi, era il mitico protagonista.” O. Pamuk

Gli mancò il vino. Allora si rese conto che stava pian piano scendendo la scalinata della povertà. Venne meno il suo placebo, il soporifero, il tetrafarmaco.” A. De Carlo
Un mondo in cui non ci sia bisogno della menzogna sarebbe non solo perfetto, ma soprattutto noioso.” S. Beckett
Faire de la vie entière une aventure. Gare par gare, ville par ville, on sait toujours de partir, on n'a jamais l'impression d'arriver.” L. Aragon
E dopo tanti anni di panchina, era giunto anche il loro momento. Le Doctor Martens, sempre seconde scarpe, d'emergenza e per i giorni di pioggia, stavano per accompagnarla in quel suo lungo viaggio.” A. Baricco
Gli agrumi stimolano l'azione dei succhi gastrici e provocano un senso di fame.” M. Mirabella
Con il pretesto della 'buona educazione', ci hanno insegnato a parlare piano, a restare in silenzio, a sopportare le umiliazioni. In realtà hanno creato un esercito di schiavi, giovani e piccolo-borghesi.” P. Pasolini
I problemi si risolvono con la pazienza, l'amore e le biciclette.”

giovedì 8 dicembre 2011

Fred e il gastrosofo

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Aveva l'aria strana e neanche troppo simpatica. Penso di essere stato l'unico a notare il suo ingresso. Nessuno si girò verso di lui, nessuno fece una smorfia di stupore. Solo Rachid, da dietro al bancone, alzò un secondo lo sguardo per controllare di che sesso fosse il nuovo cliente. Uomo, come al solito, e riabbassò immediatamente gli occhi sul bicchiere da arak che aveva in mano. A me, invece, il tipo fece una certa impressione di curiosità. Aveva una camicia a quadrettoni, delle bretelle che sormontavano la pancia rotonda, non obesa ma grassa, grassoccia, e dei pantaloni neri ben stirati e con la piega perfettamente retta al centro che davvero non c'azzeccavano niente né con la camicia, né con le scarpe. Si tolse la coppola e vidi il suo viso rotondo con il naso allungato alla cyrano e affianco al naso, sugli zigomi, quasi dentro le palpebre, dei peli di barba sparuti, eredità di un errore di rasatura giovanile. Senza dire buongiorno si mise a sedere sul tavolino più vicino alla porta del bar, con difficoltà: dovette costringere la pancia nel piccolo spazio che restava tra il divanetto e il bordo del tavolino. Tirò fuori un taccuino e una penna e cominciò a scrivere. Guardai Rachid per capire cosa pensasse di un cliente così, mal conciato ma con una certa ambizione di distinzione, maleducato e incurante della comanda, ma lui era devoto all'allineamento dei suoi bicchieri sul bancone, compito che svolgeva meticolosamente e senza alcuna distrazione. Quando finì si girò, incrociò lo sguardo del cliente che non alzava mai gli occhi dal suo taccuino e fece un cenno con la testa, alzando un po' il mento. Era un'interrogazione. Allora il curioso tipo parlò e in quel momento la sua stranezza mi sembrò d'un tratto più accessibile.

Un tè alla menta, grazie. E anche da mangiare per piacere.

Rachid preparò la comanda, la sistemò in un vassoietto con il piattino per il conto, e me la passò, delegando a me quell'altra parte dei suoi ardui oneri. Eseguire i suoi ordini silenziosi era per me un piacere e sempre una buona scusa per attaccar bottone con i clienti. Peccato che di donne non ce ne fosse mai, nel suo bar. Mi avvicinai all'uomo, spostai il bicchiere e i piattini dal vassoio al tavolo, esitai un po' e poi finalmente esordii.

Cosa scrive? [troppo diretto forse] … se non sono indiscreto?

L'uomo alzò appena gli occhi, mi guardò come se nel bar non ci fosse mai stato nessun altro che lui e Rachid, e poi a mezza bocca, quasi annoiato:

Appunti...

E si fermò lì. [che atteggiamento!, queste persone che bisogna cavargli le parole di bocca] Allora pensai che le mie vaste conoscenze letterarie acquisite durante gli anni universitari potevano finalmente tornarmi utili...

Ah, quindi lei è uno scrittore?

No. No, no.

[Tre volte no, la prima per la mia domanda, la seconda per la prossima e la terza per tutta la conversazione. Per niente facile il tipo]

Un poeta?

Zoppicando con la voce, indeciso tra un rifiuto totale di parlare con me e un po' di buona coscienza, che chi rifiuta di parlare al prossimo non ha buona coscienza, piano piano cominciò a spiegarmi, a rivelarsi.

Sono appunti per il mio nuovo libro.

[lo sapevo che era uno scrittore] e perché dice che non è uno scrittore?

Perché non scrivo finzione. Scrivo saggi. Sono un professore universitario.

Interessante... [ho captato la sua attenzione. Ora lo guardo per istigarlo a darmi una risposta senza che io gli faccia una domanda, così si convincerà che è sempre stato lui a parlarmi e che io non gli ho mai chiesto nulla]

[e infatti] Insegno all'università di Al-Istumaq. Conosce?

Sì, non è molto lontano da qui, no?

Infatti...

E il suo prossimo libro è su?

Sulla possibilità di una poetica della flatulenza.

[pausa. Trattenni un riso]

Sta ridendo?

Come prego?

Si è messo a ridere, l'ho visto.

No, scherza? Sono sempre stato molto interessato a Bakhtin, il carnevalesco. Sa ai tempi dell'università...

No, no, no... dimentichi Bakhtin e tutta quella gente lì. Conosce il russo Satsyolnikov?

Be'... l'ho sentito...

Lasci perdere il nome... È il grande fondatore della disciplina che insegno, la gastrosofia.

Ah, la gastronomia!

No! La gastrosofia, composto dei due affissoidi greci gastro- e -sofia. È una disciplina nata nell'Ottocento, per l'appunto dalla mente dell'eruditissimo Satsyolnikov.

[si è fermato. Come continuo? Il silenzio si sta prolungando, pensa, pensa] Ah, quindi lei è un gastros...

Un gastrosofo. Esperto e teorico di gastrosofia. E il mio nuovo libro è una proposta poetico-letteraria per un'utilizzazione libresca del sapere gastrosofico. Per esempio propongo alcuni campi semantici ed alcune metafore, tipo... tipo, ecco, non so, l'idea metaforica che l'aria flatulente, in quanto proveniente dal nostro apparato digerente evidentemente, è un alito di anima che si diffonde nel mondo, e così via...


È che lei è all'oscuro della gastrosofia. Tutta la teoria di Satsyolnikov si basa sull'idea che la cultura occidentale, la filosofia voglio dire, è troppo, troppo... vediamo... urbana. Ecco, una cultura troppo urbana.

Urbana? Nel senso di città?

Sì, sì... vede, una cultura urbana... su cosa si basa una cultura urbana?

Ma, non so... palazzi?, traffico?, negozi, tanta gen...

Sì, certo, ma non voglio dire questo... dico, una cultura urbana, una società di persone che vivono insieme in città, di quali regole hanno avuto bisogno nei secoli scorsi e ancora oggi?


Di censura corporale, no? Mi sembra evidente. E non è soltanto una questione di buon costume!

[pensare a come uscire dalla conversazione]

È una questione ontologica! Ontologica dico! [mi mostra le unghie, agitando le mani] È che abbiamo sempre creduto di pensare con la testa, mentre pensiamo coi piedi... eh, no scusi, non volevo dire coi piedi...

Non pensiamo con la testa... [tanto per dare ancora un segnale di attenzione]

No! Pensiamo con la pancia, mio caro. Il mondo, la società umana si è fatta di pancia. L'iperuranio, lo spirito della storia, la ragione e l'animo, cogito ergo sum, abbiamo sempre piazzato tutti questi concetti in una sede più o meno trascendentale prodotta dal nostro cervello, mentre il sapere, il pensiero è nell'intestino crasso che nasce! Dio è il Pancreas!

[guarda Rachid, cerca di capire, escine!]

Tutto il sapere è in realtà creato con la pancia. È immanenza alimentare. Un sapere dello e dallo stomaco, gastro-sofia. Mi occupo di questo. Capisci?

Eh, [cavatela con una battuta banale che metta fine a tutto] diciamo che sta gastrofeggiando un po' troppo!

Ah! Lascia perdere... piuttosto, siediti e mangia. Forse ti schiarirai le idee.

lunedì 5 dicembre 2011

Una sgommata d'inchiostro

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Perché hai cambiato nome?

Perché il vecchio era scritto in italiano; mentre il nuovo non è scritto in nessuna lingua.

Lo sai che kitzsch non si scrive così?


Ma che differenza c'è tra un'insalata e un kebab?

L'insalata... l'insalata non basta. Troppo verde, troppo fresca, troppo greca direi. L'insalata può essere un ingrediente. Io ho bisogno di un abuso di ingredienti, di un sapore esaggerato e diverso ogni volta, anzi tutti quanti insieme. Voglio fregarmi il palato.

Si direbbe che non fai altro che mangiare.

Sono stato in un ristorante etiope ultimamente. Sono stato male per tre giorni: ho scoreggiato l'anima. Ed era tutto buonissimo, ma il mio stomaco non era pronto. Questo blog è un po' come il fuoco speziato che mi bruciava nell'intestino dopo l'etiope. Il piacere è quando scarichi tutto l'inchiostro che t'era rimasto dentro.

Un blog scritto di panza...

Più che di panza direi di culo o di esofago, è una diarrea o un vomito.

sabato 3 dicembre 2011

Il mio primo approccio con il conflitto israelo-palestinese

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Una donna dietro di me, francese, dalla parte dei palestinesi senza se e senza ma, diceva chukran al poeta Najwan Darwish e shalom allo scrittore Mosche Sakal. Il suo argomento, all'indirizzo dell'israeliano, Sakal, è stato: qual è la sua situazione rispetto alla leva militare? Ha mai partecipato ad azioni di combattimento, ha mai indossato la divisa, ecc.? Già, perché, dice Darwish (sempre Najwan, il jeune homme, non il defunto Mahmud), uno scrittore non è mai soltanto uno scrittore. Uno scrittore ha dovuto far parte dell'esercito, ha rappresentato e rappresenta, in un modo o nell'altro il paese, lo stato, Israele, il sionismo, l'occupazione. Nel 48 le proprietà della sua famiglia, di Darwish, sono state occupate e colonizzate da Israele. Darwish è nato in e vive in esilio, in una Palestina occupata. È figlio di un'espropriazione, di una colonizzazione. Viene controllato negli aeroporti, in quanto palestinese gli viene chiesto sistematicamente di spogliarsi per la perquisizione. Viene trattato come gli ebrei negli anni trenta. Parole sue.
Sakal ha raccontato di essere arabo, sua madre siriana e suo padre egiziano, di essere uno scrittore, israeliano. Parla in francese. Darwish parla in arabo, in un fussa che deve essere perfetto e pulito tanto che anch'io riesco a captare quelle due tre parole arabe che conosco: 'aydan, al-intifadat al-'arabiyya, al-kitab. Si fa tradurre da uno scrittore libanese, ma una volta ha voluto rivolgersi direttamente al pubblico e ha parlato in inglese.
Al pubblico e solo al pubblico. Perché Sakal non è sul piccolo palcoscenico della tavola rotonda. Non ce l'hanno voluto. Lo ha detto chiaro e tondo il moderatore che Sakal era stato invitato alla tavola rotonda sul ruolo degli scrittori dans le printemps arabe, ma che i tre (scrittori) palestinesi hanno posto il veto: non dialoghiamo con gli israeliani, non ci parliamo. Parlare con loro è come parlare con Israele, non parliamo con il bourreau, dialogo tra vittima e boia non è possibile, cosa volete, che il boia, dopo averci cacciato di casa e ucciso, quando viene e dice: parliamone, volete che gli diamo ascolto? Sappiamo che per voi francesi, parliamo francese, leggiamo i giornali francesi, conosciamo il vostro punto di vista, sappiamo che la nostra posizione è inammissibile, ma no, siete voi che non sapete capire il nostro, di punto di vista. E Sakal non c'è, su quel palco, interviene dopo, in quanto scrittore presente in sala, interviene. Un dibattito, un dialogo, per l'intermediario del pubblico, come un figlio che fa da portaparola tra due genitori in lite, un dialogo c'è.
Il libanese, il traduttore, dice: vorrei, je veux bien dialogare con un israeliano, con qualunque israeliano, ma prima di tutto alla condizione che condanni l'operato del suo Stato, e poi comunque non potrei, perché andrei in galera, in Libano è vietato ai libanesi d'adresser la parole a qualunque israeliano. Andrei in galera. E due anni fa lui aveva dialogato con un israeliano, dice il moderatore, ma giù dal palco, in privato, e per delle ore, una conversazione interminabile.
Stupide le motivazioni del rifiuto di un egiziano, Khaled el Khamissi, il primo a parlare (l'egiziano è palestinese o no? Mi rendo conto che non so neanche cosa vuol dire palestinese): non può esserci alcuna normalizzazione del dialogo con gli israeliani finché c'è il colonialismo. Le istituzioni letterarie egiziane rifiutano il dialogo, in blocco, io nel blocco rifiuto. Punto.
Una donna, francese, si alza, nel pubblico, e dice senza microfono che se ne sarebbe andata, non aveva voglia di ascoltare un dibattito con scrittori che non accettavano eccetera, non ho sentito. Altri si alzano, gruppi interi di persone si preparano per andarsene e la sala sembra volersi svuotare. Mi chiedo che cosa avrei fatto io. La curiosità mi teneva incollato alla sedia e poi mi sembrava ipocrita irritarmi per una questione che non mi tocca in prima persona, per la quale non mi sono mai innervosito. Olivier Gisbert interviene e invita tutti a restare, non ricordo più le motivazioni che dà, ma erano convincenti e la sala si riempirà de plus en plus. Allora interviene Tahar Ben Jelloun, toccante. Uno scrittore è uno scrittore, non è Israele. Molti scrittori israeliani sono dissidenti, essere uno scrittore è essere dissidente, non si può rifiutare di parlare con uno scrittore, con un essere umano in generale ma tra scrittori soprattutto, che a Marsiglia, per questa città, per quello che è, quello che rappresenta, si poteva. Non so più, non ricordo bene, non so riprodurre il discorso di Ben Jelloun, che mi ha commosso e fatto piangere.
Divieto di parlare, rifiuto di parlare. Guerra. Bourreau et victime. Distanza incolmabile. Nemici.
Post serio, scritto di getto, non controllato. Scusa.

http://www.salonecrimed.fr/category/Programme